Come forse vi siete accorti mi sono presa una pausa.
Comincio a pensare che sostenere un argomento oppure comunicare anche solo un frammento di senso, una volta a settimana, sia forse troppo ambizioso. Non che non abbia scintille dentro a cui dare vita, ma non voglio sprecare l’occasione di poter fare silenzio ogni tanto, di potermi ritirare.
Questo per dire che sto riflettendo sulla frequenza di questa mia newsletter, devo capire. Ringrazio intanto chi mi ha chiesto che fine avessi fatto, chi ha sentito la mancanza delle mie parole: vi sono grata per questo, molto grata.
Premessa conclusa, possiamo cominciare.
Voi li leggete i libri? Come vi sentite a riguardo? Se li leggete, perché li leggete? Se non li leggete, perché non li leggete? Quali generi amate? Con quale frequenza pensate alla letteratura? E soprattutto: cos’è la letteratura?
Il mio amore per i libri è un amore antico, la mamma mi leggeva le storie quando non ero ancora in grado di farlo da sola, i libri erano per me un passatempo, una gioia, una fuga, una ricchezza. Una volta cresciuta, non sono mai stata imboccata sui titoli da scegliere, non ho mai avuto qualcuno che mi facesse scoprire un autore o un’autrice, mi sono approcciata alla lettura senza minimamente sapere chi fossero i grandi, chi andava letto.
Ho continuato a scegliere i libri sull’onda di un istinto, di una chiamata, ho cominciato ad avere autori preferiti e a seguirli con più consapevolezza, ma gli stimoli e la bramosia mi portavano a scegliere altro, esplorare altri lidi. Poi sono arrivate anche le persone a indirizzarmi, ma tardi.
Mi ritrovo a trentacinque anni ad aver letto buona parte dei classici, a razzolare curiosa tra i contemporanei, con falle macroscopiche che cerco di colmare. Tuttavia non ho la smania di recuperare tutto il più velocemente possibile, perché vorrei godermi la lettura, non farlo solo perché mi sento in dovere per esigenze morali. Sono anche convinta che certi libri si possano leggere in età adulta, magari per sentirli ancora di più di quanto si sarebbero sentiti se fossero stati letti a vent’anni.
Insomma in qualche modo la lettura mi definisce, fa parte di me. Non è solo una passione o un hobby, costituisce parte fondante del mio essere, senza libri mi sentirei persa.
Leggo per scrivere, ma soprattutto leggo per vivere. Vivo per scrivere.
Non mi sento migliore per questo, non mi sento più intelligente o capace. Conosco persone che leggono tantissimo e non capiscono niente di niente e persone che non leggono nulla e sono abili e brillanti.
Tuttavia leggere ti arricchisce. Ma leggere cosa? Leggere chi? E perché ti arricchisce? Cosa cresce in te? Cosa sei dopo un libro e cos’eri prima di quel libro?
“Cibo per l’anima”, dice Tommaso Ragno nel film “Vermiglio” quando compra un vinile fregandosene se i figli fanno la fame.
L’arte come benzina, ispirazione, comunanza di stati d’animo, mistero, ricerca.
Mi sento capita dai libri, vado in un altro posto quando leggo. Le parole che mettono ordine nel caos, scompigliano la quiete, pongono domande, danno risposte.
La cultura artistica e letteraria usata come piedistallo, arma di potere, levatura.
Prima solo i ricchi potevano studiare, lo studio come caratura intellettuale, pertanto i ricchi più capaci, più acculturati, in grado di gestire le cose del mondo, di comandare, di organizzare.
I poveri ignoranti, lavoratori, a sgobbare, animali tutti uguali, numeri.
A separarli non solo il denaro, ma la cultura.
Poi la cultura che per alcuni diventa davvero cibo per l’anima, ma non garanzia di successo. Artisti morti facendo la fame, poeti maledetti e poveri in canna, pittori folli e soli.
Leggere un libro ti eleva? Ti rende migliore a discapito di qualcun altro? Si può essere colti senza leggere? Leggere solo articoli di giornale e saggi, scansare romanzi e narrativa, conoscere comunque il mondo, essere immersi nella realtà delle cose. Cosa è cambiato? Continuiamo a leggere con apprensione i dati dei libri venduti (pochi) per commentare più o meno esplicitamente un degrado, un abbrutimento. Ma è veramente così facile oggi fare questa equazione? I lettori forti sono migliori come esseri umani? Quanta cultura sotterranea esiste che non comprende i libri? Quanta conoscenza può essere appresa da altre fonti? E soprattutto: vale allo stesso modo? Vale meno? Esiste una cultura di serie A e una di serie B?
Quale cultura oggi è la cultura determinante? Quale quella dominante? Perché? Non vi capita mai di guardare il mondo dall’alto e accorgervi dell’insensatezza di certe questioni? Eppure sentirle comunque come necessarie, sentire che qualcosa vi sfugge, che qualcosa vi è sempre stato raccontato allo stesso modo.
Se una persona non è interessata a leggere un libro, andare a una mostra, guardare un film, oppure non è interessata a leggere quel libro, andare a quella mostra, guardare quel film, cosa rende quella persona mancante? Mancante rispetto a cosa? Rispetto a chi?
Ingenuamente mi verrebbe da rispondere che a me piace stare nel mondo e che per me il mondo è arte, che desidero affondare nelle sabbie mobili dell’umanità, toccarne i meandri, abitarne gli incavi, sostare il più a lungo possibile nella conoscenza dei sentimenti, delle miniature, delle grandiosità, scivolare e non riemergere più, sotterrarmi negli altri fino a scomparire. Direi che per me è questo ed è imprescindibile.
Eppure non è necessario, non mi rende migliore. O forse sì?
Come mai pensiamo che la cultura ci salverà? Quale cultura? Rispetto a quali canoni? Chi detta oggi quei canoni? Cosa credete sia necessario oggi per sentirvi parte attiva e coscienziosa? L’arte rappresenta un tassello di tutto questo o è solo uno spauracchio velleitario di grandezza riflessa?
L’arte non è semplicemente un linguaggio umano? Bazzicare l’arte, in qualsiasi forma, non è banalmente bazzicare noi stessi e gli altri? Giudicare un’altra persona sulla base di liste di cose viste/fatte/sentite non è elitario? Lo facciamo tutti però, anche quelli che dicono di non farlo.
Perché lo facciamo?
Vi prego rispondetemi.
Vi abbraccio.
A presto.
uh, quante domande! troppe?
chissà
aggiungo un paio di non risposte
chi non ha mai letto, che so, Dante o Goethe, ha qualcosa di meno, vive meno felice?
nessuno di noi lo pensa davvero
ma continuiamo a leggere, a volte anche a scrivere
comincio a pensare che quel che sentiamo come decisivo
ancora più che i libri
sono le storie, e le parole
(già che sono fatti di quello
ma c'è qualcosa di altro, di oltre)
poi ci sono quelli bravi a raccontare storie, usando le parole che ci attraggono
li chiamiamo scrittori, poeti
la terza cosa è proprio quella
l'attrazione
c'è qualcosa che ci attira
che ci fa avvicinare
che ci fa prossimi
a quelle storie, a quelle parole
è forse solo un gioco
un passatempo
ma non ci sono molti modi migliori di passarlo
questo tempo
Dipende dalle intenzioni di chi scrive e di chi legge.